Io sono quel che sono per merito di ciò che siamo tutti.
Molte delle collezioni sono state realizzate per le aziende con le quali ho collaborato. Ringrazio per la loro disponibilità e al fattivo contributo dei loro operatori che mi hanno affiancato.
Era una sera di un caldo luglio del 1993, si stava tra amici, sotto una pergola, alla ricerca di un po’ di fresco, e io parlavo del mio lavoro. Mostrai i disegni, i prototipi e le ultime realizzazioni a un Fulvio incuriosito e affascinato, che si offrì di scrivere i suoi pensieri. Entrò in casa, si sedette a un computer, che oggi sarebbe forse un oggetto d’antiquariato, e iniziò a scrivere. Le dita scorrevano sulla tastiera senza indugi e ripensamenti, non rilesse, non cambiò neanche una virgola. Un flusso di parole che raccontavano i miei oggetti, che riflettevano i miei racconti. Quello che scrisse è stato, per me, un immeritato regalo che mi indicò anche una strada per le cose che avrei fatto in seguito. Lo condivido qui, con gratitudine.
Ma, un oggetto materiale – eppure non semplicemente tale – che non può rinunciare alla propria identità ed alla forza che è contenuta in essa, forma colore figura che trae dal fuoco le proprie origini. Capace di aspettare, ma disponibile ad essere ridestato nei propri significati culturali e emotivi dagli occhi di chi lo possiede, disponibile al desiderio di dialettica, di rapporto e conoscenza di gioia fisica che quegli occhi hanno saputo conservare. A divenire occasione, punto di convergenza di sguardi e emozioni, che, poi, staccandosi da esso, animati dal suo fuoco interno possono muoversi a costituire in altri occhi o nella realtà del mondo, con sempre nuove e vitali occasioni di rapporto. Talismano del divenire di realtà umane: chi l’ha creato, chi nel rapporto con esso se ne ricrea, chi saprà raccogliere dagli occhi di chi ha saputo guardarlo, una forza necessaria alla nostra specie. Perché il fuoco è il primo fra gli elementi, è l’elemento della forza della trasformazione, del pulsare della materia che solo occhi che sanno guardare possono riconoscere animata dalle mani sapienti dell’artista, come dalle mani di chi, dopo l’artista venga colto dal desiderio di sfiorarla per percepirne le vibrazioni. Ma esso è forza elementare assieme ad altre forze elementari: l’aria che è il soffio dell’artigiano e insieme il respiro del vivente; l’acqua che è origine della vita e riposo freschezza ristoro, la terra la cui magia nascosta provoca lo sprigionarsi di forme trasparenze colori. I cristalli di Romano Frosecchi sono cosi la luce condotta sapientemente a piegarsi alla volontà dell’artista eppure sempre ultima vincitrice. Sono necessità di massa e consistenza, di taglio e figura, necessità di bagliore di luce viva nella nostra esistenza. I vetri colorati di Romano Frosecchi sono il colore che pare vivere da se e nelle sue luminescenze mutevoli costruire da se la forma che l’esprime. Sono assenza di massa, forma pura voluta dal colore, necessità di leggerezza e allegria. I decori di Romano Frosecchi: linguaggio comunicazione, rifiuto della solitudine; e equilibrio fra un rapporto di chi ascolta e chi parla, pronto ad ascoltare con desiderio a sua volta. Sono dialogo tra passato e presente, fra il noto e l’ignoto, fra il se e il tu. Ed essi, tutti insieme e ciascuno, sono unicità dell’espressione di un rapporto carnale di un uomo con le forme che sgorgano da lui, fino a sorprendere lui stesso. Contengono lavoro, fatica, pensiero, storia, spontaneità creativa. Opposti della piattezza senza vita e fantasia della produzione modulare tipica del processo industriale, che sa darci risposte valide sul piano dell’utile, ma impotente a soddisfare la sete la sete di emozione degli uomini ed invidioso di essi, tenta di rendere grigio di senso profondo il loro vivere. Perché le opere di Romano Frosecchi sono, ciascuna, un’opera unica, mai identica, per chi sappia guardarle e viverle, e l’altra che le sta a fianco: pretendono ciascuna di essere scelta, fortemente voluta. Ciascuno di fronte a esse è chiamato a esercitare quella capacità di scelta personale che ha fatto l’unicità e insieme la storia grande della nostra specie e della cultura che essa, unica tra tutte le specie, ha saputo costruire. Ognuno può cosi arrivare a vedere la propria fra esse, proprio quella che sarà solo lui a possedere, quella che misteriosamente forse gli era destinata. O che parlerà della sua unicità di uomo a chi la riceverà in dono da lui. E’ una scelta che pretende cultura forza e responsabilità, che potrebbe spaventare o confondere una natura debole. Perché nessuna rosa è identica a nessun’altra cosi come nessuna nuvola o nessun diamante lo è; ma non tutti lo sanno, ma non tutti lo ricordano. La sapienza e la fantasia della Firenze del Rinascimento, la scintilla di quanto di più proprio ha saputo arricchire questa terra e con essa tutti coloro che sanno amarla, a aprissi a diversi e nuovi linguaggi e culture, propone, attraverso queste opere di Romano Frosecchi, un libero incontro. Sogno dell’uomo, allora come oggi, di un mondo nel quale solo l’incontro, e solo la magia della bellezza, possono finalmente rendere obsoleto il conflitto che stravolge il volto e rende roca la voce. Che avvelena la vita.
Firenze. Luglio 1993